LA PIAZZA DELLA MIA CITTÀ - BOLOGNA E LO STATO SOCIALE

Bologna, 12 giugno 2018: dopo diverse difficoltà si tiene in Piazza Maggiore il concerto di Lo Stato Sociale, la formazione cittadina che a febbraio ha ricevuto un’attenzione mediatica enorme dopo l’esibizione al Festival di Sanremo con "Una vita in vacanza". A due anni da quel live gratuito, a cui la sopraintendenza all’archeologia, belle arti e paesaggio aveva inizialmente opposto il veto sull’opportunità culturale dell’evento, la band si ritrova per le vie e i locali della città a ragionare su quell’esperienza e sul valore simbolico di quella piazza.

Luogo immortalato da Lucio Dalla nell'omonima canzone (1976), Piazza Grande da secoli abbraccia potere politico (palazzo D’Accursio, sede del Comune) e clericale (la Basilica di San Petronio e la fontana del Nettuno) in un’unica stretta, accogliendo contemporaneamente la comunità sul “crescentone” (rimando alla focaccia lievitata, com'è chiamata in città) cioè la pavimentazione centrale, emergente rispetto al livello circostante.

Su quella distesa di pietre in granito sono avvenuti alcuni dei passaggi storici e sociali più determinanti per il Paese, filtrati e ancora pulsanti nel Dna dei bolognesi: la guerra di Resistenza, la Liberazione, gli scontri del ’77, le manifestazioni sindacali, i funerali dell’attentato alla stazione ferroviaria del 2 agosto 1980. Ma è anche stata il teatro di un memorabile concerto dei Clash (1980) ed è diventata location delle proiezioni all'aperto della rassegna estiva “Sotto le stelle del cinema” e del Festival Cinema Ritrovato, a cura dalla Cineteca di Bologna, che qui fornisce rari documenti d’archivio e vedute della piazza (“tutte le volte che ci sono stato con qualcuno non di Bologna, mi hanno detto «questa cosa l’ho vista succedere solo qui», dice Lodo Guenzi). Infine, anche del concerto de Lo Stato Sociale (che in realtà lì avevano già suonato): a difesa del diritto della band di esibirsi si era schierato infatti sui social, dov’è popolarissimo, Gianni Morandi, sbloccando ogni ostacolo burocratico.





2019
Italia
Documentario
Paolo Santamaria
Enrico Brizzi, Luca Carboni, Matilda De Angelis, Gianluca Farinelli, Michele Mellara
88min
7,99
Da giovedì 4 Marzo

1


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Bruciare sempre, spegnersi mai

Forse ce lo siamo scordati negli ultimi anni, specie quando la privatizzazione massiccia è arrivata a colonizzare un'infinità di spazi pubblici, ma la piazza è il primo luogo di aggregazione cittadino. Nel mondo antico, le piazze davano voce al potere, alla politica, al popolo. Nel Medioevo, in Italia, c'era la piazza dedicata al culto e c'era la piazza di carattere civile; poi, quella commerciale. Nel caso di Piazza Maggiore, arrivarci è come entrare a casa di un bolognese e fare la scarpetta col ragù. Sarà che le architetture: Palazzo del Podestà e la dirimpettaia Basilica di San Petronio, Palazzo d'Accursio e l'attigua Piazza del Nettuno sembrano proteggerla, ma - sì - la sensazione è quella di stare a casa. Senza panchine ma con i gradoni, ne La piazza della mia città se ne assaggia la sua personalità sincera.

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“Siamo noi, nel 2011 come nel 2018. Noi che martedì sera abbiamo suonato nella piazza più grande della nostra città, e siamo arrivati al sound check a piedi. Sempre noi. Sempre gli stessi, sempre diversi. In fondo è davvero servito, continuare a camminare se ci ha portato fino a questa piazza. Qui dove abbiamo suonato fino a farci cacciare, dove abbiamo giocato a pallone, dove abbiamo bevuto, dove abbiamo tentato i primi, tremendi, approcci con le ragazze. La piazza più grande e famosa di casa nostra; una piazza che vista dal palco ti toglieva il fiato e ti faceva tremare le gambe”.

Lo Stato Sociale

Bologna e la sua Storia


Può apparire come un film-concerto ma dietro c’è Bologna e la sua Storia. Una bella e coinvolgente carrellata intervallata dai brani della band locale.

Uno dei meriti di La piazza della mia città – Bologna e Lo Stato Sociale è che le testimonianze non sono istituzionali ma in ogni racconto c’è un pezzo della vita di chi parla. Dal Direttore della Cineteca di Bolgna Gian Luca Farinelli, all’attrice Matilda De Angelis passando, tra gli altri, per il regista Massimo Martelli, lo scrittore Enrico Brizzi, il cantante Luca Carboni, lo youtuber Luis Sal, l’assessore Matteo Lepore, il chitarrista degli Skiantos Fabio Testoni e il giornalista Luca Bottura che descrive inizialmente Lo Stato Sociale come “la grande truffa dell’indie-rock, ma capaci di parlare di Resistenza, rispetto degli ultimi e tolleranza che entrano in una simpatica confezione colorata”. E poi c’è soprattutto lui, Gianni Morandi, il protagonista nascosto e una delle anime di questo documentario. Innanzitutto si deve a lui il fatto che il concerto di Lo Stato Sociale a Piazza Maggiore si sia potuto fare dopo che la Soprintendenza all’archeologia aveva inizialmente posto il vito. Poi dalla sue parole riemerge anche la visione fantasmatica di Lucio Dalla che fa compagnia a quella di Freak Antoni e Andrea Pazienza. Infinec’è una sublime imitazione di Guccini che viene chiamato ‘il Maestrone’ però con l’erre moscia.

C’è anche un altro elemento seducente. In sette mesi un documentario come La piazza della mia città – Bologna e Lo stato Sociale può trasformarsi. Assieme ai filmati d’archivio della Cineteca di Bologna, anche le immagini di questo concerto oggi, durante il Covid, sono immagini di repertorio. Giovani assembrati (che brutta parola) che si stringono, si abbracciano si baciano e cantano. E lì sul palco si ricorda Federico Aldrovandi. Oggi fa impressione. Sembra un mondo lontanissimo, tra mascherine e distanziamenti. E tra i tanti documentari sul Covid che stanno uscendo (e usciranno) quest’anno, questo è un nostalgico tuffo nel (recente) passato che possiede anche un lineare ma coinvolgente impeto politico. Ma può essere anche un film futuristico. Il mondo, quindi un concerto, quindi la piazza, dove abbracciarsi e fare festa. Come nel giorno della Liberazione, in un concerto o davanti Tempi moderni a Il Cinema Ritrovato. Poi si può andare a mangiare e bere alla Trattoria da Vito. Si può anche dormire sui tavoli. Qualcuno l’ha fatto.

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Intervista a Paolo Santamaria


Questo film prende forza da Lo Stato Sociale per raccontare una città unica, Bologna, la vera protagonista del film“. Il regista del film, Paolo Santamaria, ci teneva a sottolinearlo. Da qui è iniziata la nostra chiacchierata.

Esce oggi nelle sale La Piazza Della Mia Città – Bologna e Lo Stato Sociale. Come descriveresti quel concerto del giugno 2018?

Provai una sensazione straniante, perchè negli anni avevo seguito e filmato altri concerti de Lo Stato Sociale nei palazzetti ed in altri contesti aperti ad un numero ben più limitato di persone. Il concerto in Piazza Maggiore invece fu qualcosa di totalmente differente. Fu come partecipare ad una festa patronale, un grande evento che per la band ha segnato una spaccatura rispetto ai loro precedenti live. Ho un ricordo molto “periferico”, perchè io filmai direttamente da quel palcoscenico, stranissimo e asimettrico. Ero totalmente immerso nel momento. Soltanto dopo ho saputo dargli il giusto valore. Per Lo Stato Sociale, che a Bologna suonavano “in casa”, è stata la vera consacrazione, ancor di più rispetto al Festival di Sanremo di pochi mesi prima. 

Che dialogo si è instaurato tra band e pubblico in quel momento?

Per me, e per la band, la vera sorpresa fu proprio il pubblico, molto più eterogeneo rispetto al solito. C’erano tanti giovani ma anche tanti adulti. E intere famiglie: genitori, giunti sul posto per accompagnare i figli, che li ascoltavano per la prima volta. Fu una festa popolare, dove la musica arrivò in modo trasversale ad un pubblico multigenerazionale. Quella piazza si riempì in un modo straordinario, non canonico, non usuale. Quel popolo, così numeroso, mise a tacere le polemiche dei giorni precedenti al concerto. Dicevano che Lo Stato Sociale non era una band meritevole di tale cornice, perchè non erano “abbstanza famosi”. Si sbagliarono di grosso: a Piazza Maggiore non si saltava così dal concerto dei Clash (1 giugno 1980, ndr.). Era il momento di una nuova pagina e Lo Stato Sociale l’ha scritta: una vittoria morale da festeggiare ancora. 

Lo Stato Sociale è una band che suona sul palcoscenico ma che nell’anima vive tra il pubblico, alla stessa altezza. Sei d’accordo?

Credo che la qualità più grande de Lo Stato Sociale sia stata da sempre quella di avvicinare un pubblico giovane a delle tematiche di grande rilevanza, d’attualità e di impegno politico e sociale, attraverso un modo di suonare energico, vivace, intenso. Hanno saputo miscelare un cantautorato ormai d’altri tempi a delle basi di musica elettronica: è qui che sta la loro grande originalità e la loro forza. Il loro modo di cantare argomenti importanti trova lo scambio più bello proprio durante il concerto, vissuto come una festa, con il pubblico e insieme al pubblico. Si immergono, come un tuffo fisico, in mezzo alla folla. Alla fine l’attore protagonista diventa il pubblico stesso. Energia pura, te lo garantisco.

Mi dicevi che la protagonista del documentario – anche attraverso a tante interviste a personaggi illustri – è Bologna, una città unica e appassionata… 

La protagonista è Piazza Maggiore che, simbolicamente, rappresenta Bologna e la sua identità. La musica del gruppo, che fa da colonna sonora portante al documentario, trova l’apice proprio nel concerto in Piazza, un evento unico ed irripetibile. Un incontro di anime, perchè Bologna ha un’anima e una pulsione universale. Ho provato a descriverla attraverso interviste e testimonianze, racconti ed aneddoti.

Per te cosa rappresenta questa città?

Ho incontrato Bologna grazie a Lo Stato Sociale e, nel tempo, ho cercato di conoscerla sempre più. Grazie a questo film sono riuscito ad esplorarla visceralmente. Bologna è un melting pot a fronte impronta culturale, e non solo perchè è la più storica tra le città universitarie italiane. Nel suo sangue ci sono anche tutte le tradizioni di chi ci è sempre vissuto, e tutti gli influssi di chi invece ci è arrivato, due aspetti che si mescolano tra loro in un modo unico. Questo afflusso di persone, che l’ha attraversata e vissuta nei secoli, le ha conferito una visione della società completamente differente rispetto alle altre città. Hanno ribattezzato Bologna come “la Rossa”, “la Grassa”, “la Dotta”, tutte definizioni che emergono e nascono da questo continuo input culturale che la città ha. Anch’io ho la “mia” Bologna…

Ovvero?

Per me Bologna è Alma Mater Punk. E mi riferisco al grande afflusso di giovani che vuole sempre mettere in discussione il mondo e ribellarsi alle regole, anche non scritte, ma in una chiave intelligente e mai banale. Ecco che ne esce una Bologna “Dotta” però “Punk”, che si muove sulle note degli Skiantos…come un movimento dadaista, che non è per tutti. Se la riesci a cogliere, ti fa innamorare. Quando arrivi a Bologna, poi fai fatica ad abbandonarla.  

Dopo Ex-Otago – Siamo Come Genova, sei tornato a raccontare un nuovo legame tra una band e la città. Che analogie e che differenze tra queste due storie ti hanno colpito di più?

Parliamo di due band che secondo me hanno un rapporto completamente diverso con la propria città d’appartenenza. Gli Ex-Otago su Genova hanno un peso specifico molto importante: lo ricercano, lo desiderano, amano suonare “in casa”, sono orgogliosi di essere genovesi. Lo Stato Sociale a Bologna non si sentono profeti in patria, e non si sentono tenuti ad essere gli amabasciatori della bolognesità, anche se secondo me la rappresentano in pieno. I ragazzi de Lo Stato Sociale vivono la loro popolarità in maniera molto tranquilla, vanno in giro per la città in bicicletta, non si sentono delle star. Sono espressione attuale e moderna di Bologna, perchè sono figli di una città che ti fa volare tenendoti saldatamente con i piedi per terra.

Vedere Piazza Maggiore gremita per un concerto, oggi, in questa delicata situazione che stiamo vivendo, non può che provocare un brivido. Tu cosa ne pensi?

Rivedere quelle immagini oggi, in questo momento, è particolarmente emozionante e, oserei dire, pornografico. Un momento, quello del concerto, che ora è proibito e proibitivo, ma che per me rappresenta un monito a tornare a vivere quelle emozioni il prima possibile. Quella di uscire adesso al cinema – dopo aver posticipato per via del Covid – e non in streaming, è una scelta coraggiosa che assume molto valore. Volevamo il film nelle sale perchè, pur nel totale rispetto delle regole, vogliamo che le persone tornino a vivere delle emozioni in compagnia di altre persone, nello stesso luogo.

Paolo, soprattutto adesso, qual è il potere della musica?

Rispetto ad altre forme d’arte, la musica ci accompagna sempre. Ci resta in testa, ci fa affezionare a quegli interpreti capaci di entrare nel nostro cuore diventando dei veri e propri idoli. La musica è fruibile da tutti, ti raggiunge ovunque, diventa esigenza. Per questo, rispetto all’audiovisivo, la musica è un mezzo più potente. E a questo potere, che diventa anche mediatico, deve corrispondere una responsabilità. Lo Stato Sociale riesce a farlo: usare la propria musica prendendo sempre posizione in modo forte, coerente e responsabile. Non è semplice, non è banale. 

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