Cristi, un ispettore di polizia di Bucarest, s'imbarca per l'isola di Gomera, nelle Canarie, per imparare in fretta il Silbo, un linguaggio fischiato che i contadini del luogo utilizzavano tradizionalmente per parlarsi da un luogo isolato all'altro. Ma il poliziotto è determinato a utilizzare quel codice, segreto ai più, per ben altro scopo: liberare un mafioso rumeno dalla prigione ed entrare in possesso di un'ingente somma di soldi sporchi.
Uno sbirro corrotto, una manciata di milioni, una superiore algida e rossa di capelli, che sospetta di Cristi e non vede l'ora di entrare nella truffa per avere la sua parte, un criminale da favorire e una femme fatale fatta apposta per scombinare tutti i piani.
Porumboiu dice di aver pensato a La Gomera – L'isola dei fischi partendo da uno spunto molto preciso: quello del linguaggio dei fischi. Ovvero un curioso alfabeto fatto zufolando le sillabe delle parole che gli abitanti delle Canarie utilizzano da secoli per comunicare a grande distanza e che nel film è usato dai trafficanti di droga per scambiarsi messaggi evitando le intercettazioni della polizia. L’idea, che il regista aveva in mente sin dai tempi di Police, Adjective (2009), è in effetti molto interessante e potrebbe lasciar intendere che il film stia dalle parti della cinematografia più identitaria di Porumboiu e rifletta sui comportamenti, i retaggi culturali e sociali e i modi di agire di una comunità o di un gruppo di persone a partire dal modo in cui comunicano e stanno insieme. E che da lì arrivi a dire, sottilmente, anche qualcosa di molto preciso sui processi storici e le loro implicazioni con la contemporaneità.
Invece niente di tutto questo. Il regista romeno decide con La Gomera di esplorare territori nuovi in senso sia estetico sia narrativo, ma anche di provare a pensare a un cinema e uno stile altro. Il tentativo è quello di costruire un pastiche nel quale far confluire diversi livelli di immaginario: dalla cinefilia più esplicita e pop, agli stereotipi dei generi classici, fino a un contrappunto musicale che spazia da Iggy Pop a Casta Diva.
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In che modo ha strutturato il film in base al linguaggio dei fischi?
“La lingua El Silbo codifica il nostro linguaggio parlato, – dice Corneliu – come il film codifica la realtà. Ho quindi voluto giocare con i codici di diversi generi, raccontare una storia di personaggi che mentono, che fanno tutti un doppio gioco”
Da dov’è nata l’idea per il film?
“Dieci anni fa vidi un servizio sullal ingua dei fischi, El Silbo, “parlata”sull’isola de La Gomera. Avevo appena terminato il mio film Police, Adjective, anch’esso sul linguaggio, utilizzato a fini politici, e rimasi colpito dall’idea di usare i fischi come elemento per una ricerca simile”.
È un film molto dark. È anche una riflessione sulle relazioni umane nella società di oggi?
“Sì. Nel mio primo film 12:08 a Est di Bucartest, i personaggi parlavano molto, si fermavano a ponderare le cose, cercando di delineare la rivoluzione che potesse scuotere il potere fino ad allora inattaccabile. In questo nuovo film, i personaggi sono immersi in un mondo dalle scelte violente, dove ognuno vuole imporre agli altri il proprio modo di vedere: è un gioco di potere perpetuo. In un mondo dove tutto deve essere negoziato, una comunicazione genuina funziona meglio (per coloro che lo sanno utilizzare) attraverso un linguaggio segreto che sfugge alla tensione dei rapporti umani, e che riesce a preservare la sincerità. Questa lingua diventa fondamentale per Cristi, tanto che finisce per utilizzarla non solo per la missione criminale, ma anche per la sua vita personale.
Nei panni della femme fatale, Gilda, c’è Catrinel Marlon, una splendida ragazza romena che da 18 anni vive in Italia, con alle spalle una vita travagliata e di riscatto. Al suo fascino non si può resistere, così manipola e tesse le trame di una storia archetipica, quella della donna che inganna e tradisce, che lavora nell’ombra per uscire vincente da ogni situazione.
Nell’arcipelago delle Canarie, sull’isola di La Gomera, c’è una lingua che non utilizza le parole, bensì… i fischi, come facevano una volta i pastori, per “parlare” da una valle all’altra. Alla base del linguaggio, chiamato silbo gomero, una manciata di consonanti e quattro vocali, messe insieme all’occorrenza per esprimere oltre quattromila parole. L’effetto, vi garantiamo, è incredibile. Storia a parte, il fischio di La Gomera, è un vero e proprio simbolo del territorio, nonché un bene protetto dall’UNESCO.