IL MONELLO (The kid) + LA STRADA DELLA PAURA (easy street) o Charlot poliziotto

IL MONELLO: Una giovane donna sedotta e abbandonata si ritrova con un neonato che non sa come poter allevare. Lo lascia allora in un'auto lussuosa sperando che il proprietario gli faccia avere una vita migliore di quella che lei potrebbe offrirgli. Due ladri però rubano l'auto abbandonando il bambino in un quartiere degradato. Il vagabondo lo trova e cerca, senza successo, di liberarsene. Finirà con l'occuparsi di lui facendone il suo 'assistente' e lottando per riaverlo quando i servizi sociali cercheranno di sottrarglielo.


CHARLOT POLIZIOTTO: Il canto e la voce soave della ragazza seducono il vagabondo inducendolo ad entrare nella missione e partecipare egli stesso alla funzione in corso, al termine della quale la conversazione tenuta con la ragazza e il pastore converte il vagabondo alla rettitudine che, accomiatandosi, spontaneamente restituisce la cassetta delle offerte in precedenza arraffata.

Il quartiere è degradato, i suoi abitanti poveri, violenti e nullafacenti, o meglio, occupati a malmenare i malcapitati agenti della locale stazione di polizia, e tra tutti spicca per cattiveria il trucido, gigantesco e prepotente bullo che terrorizza tutta la via antistante la missione. Il lavoro scarseggia, tranne quello di poliziotto, reclamizzato e offerto fuori dalla locale stazione di polizia e che alla fine tenterà anche il vagabondo, dopo due o tre tentativi falliti, forzando la propria anarchica natura, si decide ad entrare nella stazione per uscirne poco dopo calzando una fiammante uniforme da poliziotto di due taglie più grande, ma abilitato a difendere e far osservare la legge ed inviato in missione proprio nella via dove spadroneggia il cattivo.

1921-1917
USA
Comico
Charles Chaplin
Charles Chaplin, Jackie Coogan, Carl Miller, Edna Purviance, Tom Wilson (III) + Edna Purviance, Eric Campbell, Charlotte Mineau, Albert Austin,
83min+20min
3,90


TRAILER


ACQUISTA

Valuta:

Fotogallery
Easy street

“Charlot poliziotto” è uno degli ultimi cortometraggi di Chaplin per la produzione Mutual. Chaplin mostra la sua personale interpretazione dello slapstick(il genere comico basata sulla fisicità dell’attore), ma, allo stesso tempo, offre degli interessanti spunti su quella che sarà la strada di Chaplin(una comicità impegnata). Si avverte infatti nel mutamento Charlot Vagabondo-Charlot poliziotto l’idea del riscatto sociale, in un’ottica quasi da romanzo di Dickens. Un film breve, denso e che strappa sempre un sorriso.


Charlie Chaplin e quel cinema moderno. Anche 100 anni dopo

l 21 gennaio 1921, in pieno turbine legale per il suo primo divorzio, Charlie Chaplin, riusciva a mandare in sala, rocambolescamente, The Kid (Il monello): sarà uno dei capolavori del muto. Consacrava la figura di Charlot a livello planetario. Un perfetto melodramma che affrontava temi sociali facendo compiere al linguaggio del cinema un balzo in avanti. Chaplin introduceva, tra l’altro, la “metafora cinematografica”.



Il monello

Tra le tante transizioni e trasformazioni che segnarono la carriera di Charlie Chaplin, nessuna fu importante quanto quella che coincise con la realizzazione del Monello. Nel 1914, durante il periodo trascorso ai Keystone Studios di Mack Sennett, Chaplin aveva già cominciato a dirigere se stesso. In pochi anni la durata dei suoi film passò da trenta minuti scarsi a un'ora abbondante. Il monello, uscito nel 1921, era il suo film più lungo. Vita da cani e Charlot soldato, entrambi del 1918, avevano già superato la forma breve dei cortometraggi precedenti, ma Il monello fu il primo vero lungometraggio di Chaplin, in sei rulli (originariamente più di un'ora) e con una struttura drammatica innovativa. Il monello inserisce il personaggio di Charlot nella vicenda drammatica della Donna (interpretata da Edna Purviance), che abbandona il figlio illegittimo condannandosi a una vita di rimorsi e sensi di colpa.
All'ampliarsi del respiro drammatico dei film di Chaplin corrispondeva un nuovo stato d'animo. Anche se il lato malinconico e sentimentale era già emerso agli inizi della sua carriera cinematografica (possiamo probabilmente farne risalire la prima apparizione al finale di Il Vagabondo, del 1915), fu con Il monello che Chaplin adottò un approccio decisamente emotivo. "Un film con un sorriso - e, forse, una lacrima", recita la prima Charlot e il monello in uno degli abbracci più celebri della storia del cinema didascalia. Ed è qui che affonda le sue radici questa commistione, questo sguardo aggraziato in bilico tra risata e dolore, che caratterizzerà tutta la produzione successiva di Chaplin. Secondo alcuni critici, questa nuova intensità emotiva affranca l'arte di Chaplin dalle sue radici slapstick. Secondo altri, essa finisce per corrompere quella fonte inesauribile di comicità disordinata trasformando il genio anarchico del cinema in un clown sentimentale. La verità è che Il monello mostra fino a che punto lo slapstick irriverente di Chaplin s'intrecci al sentimento. E più che rendere Charlot accettabile ai gusti borghesi dell'epoca, la nuova estensione emotiva di Chaplin pone le basi del suo fascino senza tempo.

LINK ALL'ARTICOLO COMPLETO

Il monello

Il monello, il primo lungometraggio di Chaplin, è un film dall’impronta autobiografica: il personaggio del monello rappresenta il piccolo Chaplin, che fu ospite per due anni di un orfanotrofio, mentre la madre era chiusa in una casa di cura; la soffitta del film è identica a quella di Pownall Terrace dove Chaplin conobbe la stessa miseria del monello. Fino a questo film, Chaplin aveva nascosto l’amarezza sotto la fantasia e l’assurdo dello slapstick, delle comiche: con Il monello, Chaplin non abbandona il comico puro, ma dà inizio all’evoluzione che lo porterà a toccare la tragicità. Il monello non è un film comico in cui si nasconda l’elemento drammatico, bensì un dramma con momenti e deviazioni comiche, farsesche, burlesche, e con aperture surreali, oniriche, liriche. È un film in cui emergono la verità umana di gesti e atti, la filosofia della miseria, e i toni sentimentali, commoventi, patetici del melodramma vittoriano, alla Dickens, che si impone soprattutto nell’incipit e nel finale. L’impianto accorato e umanistico si schiude a riflessioni su temi universali come l’aleatoria imprevedibilità del fato, e come la lotta tra bene e male, tra le ragioni del cuore e le imposizioni e repressioni della violenza e del potere. Il polo positivo della solidarietà, della pietà, dell’amore, della libertà, si oppone al polo negativo del potere, dell’autorità, delle regole istituzionali, della falsa carità (la polizia, l’orfanotrofio, le dame di carità). Le istituzioni (anche quella assistenziale) soffocano, opprimono, mentre il vagabondo libera nel monello l’energia, la pulsione alla libertà insite nell’infanzia. Tra i due si crea un legame elettivo, più forte del legame naturale del sangue, che arriva a renderli due figure tra loro complementari e speculari.

Il monello

Chaplin apre il film con una didascalia in cui mostra la consapevolezza dei mezzi che metterà in campo: "Un film che farà ridere e forse anche piangere". È quanto accadde all'epoca e può ancora ripetersi oggi. C'è chi ha accusato questa sua opera di retorica a causa dei primi minuti in cui si presenta la condizione della madre nubile e la si paragona a una via crucis. Valutare in questi termini la premessa all'apparizione di Chaplin stesso (che avviene più avanti) significa applicare considerazioni dell'oggi a una realtà che la morale borghese dell'epoca vedeva precisamente in quei termini: come una colpa della donna 'perduta'.
L'entrata in scena del Tramp con la descrizione della sua pretesa differenza rispetto alla miseria che lo circonda (e che di certo non lo risparmia) è utile ad evidenziare un tratto caratteristico del personaggio che Chaplin non ha alcuna intenzione di occultare. Il Vagabondo non è fondamentalmente 'buono'. I tentativi che mette in atto per disfarsi del neonato, trovato del tutto casualmente, non lo inseriscono nella categoria dei benefattori. Lo diverrà in seguito affezionandosi al bambino (uno straordinario Jackie Coogan sulla cui presenza sul set fiorì una brillante aneddotica) che diverrà suo complice nell'infrangere vetri che lui poi proporrà di sostituire. La scena in cui gli viene portato via è ad alto tasso di drammaticità ed evidenzia le doti interpretative di entrambi i protagonisti.
Chaplin non si limita però a far ridere e piangere il suo pubblico ma continua a proporre una sua indagine severa della società. Non è solo la condizione abitativa dei due contrapposta a quella del mondo dei ricchi a segnalarcelo ma anche, in modo ancor più severo, la sequenza del dormitorio pubblico che è purtroppo più che mai attuale.