Nel palazzo della conoscenza non ci sono molte risposte. Tante sono invece le domande e le ammissioni di ignoranza. Se non fosse così, se non ci fosse un così vasto bisogno di ricercare, scoprire e capire ciò che ancora non conosciamo, non avrebbe senso alcuno l'esistenza del CERN, l'organizzazione europea per la ricerca nucleare, il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle.
La regista Anna De Manincor, del collettivo artistico bolognese ZimmerFrei, racconta questo luogo, che si estende per diversi chilometri e conta una popolazione di circa diecimila persone, come fosse una città.
IL RITRATTO DI UNA CITTÀ IDEALE, SPERIMENTALE, DEMOCRATICA, E DI UNA COMUNITÀ URBANA IN PERENNE COSTRUZIONE E RICOSTRUZIONE.
Come si può pensare anche solo per un momento di lasciare tutto al caso e non fermarsi a meditare almeno un attimo su che cosa ne sarà del nostro futuro? Quale sarà l’ambiente di cui faremo parte e che ci circonderà in ogni momento della nostra giornata? Ma soprattutto, chi cercherà la risposta a tutte le nostre domande per riuscire ad affrontare al meglio il mondo di cui faremo parte? Ve lo siete mai chiesti?
Pare proprio che il collettivo di artisti e filmmakers di ZimmerFrei abbia cercato di dare risposta a tutte queste domande, e con l’aiuto dei suoi collaboratori Massimo Carozzi, Anna De Manincor e Anna Rispoli – che hanno fondato tutto questo a Bologna nel 2000 – hanno dato vita ad una vera e propria collaborazione per produrre dei film che diano la possibilità di investigare dettagli di contemporaneità attraverso le abitudini, la cultura, la società a cui appartiene l’umanità d’oggi con l’utilizzo delle arti visive, delle performances, della musica e dello spettacolo. Almost nothing è proprio questo: uno dei migliori esperimenti cinematografici mai riusciti.
Titolo discutibile quello di un film che non si sofferma soltanto sull’analizzare quello che vedono tutti, non vi pare? Eppure, da fuori, Cern, sembra esattamente questo: un insieme di fisici delle particelle, collocati in una cittadina che si trova tra la Francia e la Svizzera, che cercano di trovare una risposta alle loro teorie tramite l’utilizzo della scienza e della fisica. Ma che cos’è in realtà?
In verità, parliamo di un gruppo molto vasto di persone che lavorano come se fossero un unico cervello, un’unica macchina che cerca di mettere corpo e mente nelle proprie scoperte; gente che ha una vita, che instaura delle relazioni fisiche ed emotive con gli altri, che combatte ogni giorno per creare delle nuove regole di funzionamento di un sistema che sembra già pianificato. Uomini che non smettono di costruire delle vere e proprie basi per una società che non si vedono in superficie, come potremmo dire per il lavoro degli architetti, ma che lasciano spazio a pensieri molto più profondi e di spessore.
La ZimmerFrei ha più volte raccontato quanto tempo e dedizione ha portato la realizzazione di questo film: a partire dagli ambienti più inusuali, più disabitati e spaesati in cui girare, fino ad arrivare alle scrivanie e agli uffici di questi uomini e donne solamente per fare loro delle domande, in 16 minuti di tempo, con la speranza di ricevere una risposta che non si sa se sarebbe stata coperta totalmente dal suono di alcuni dei più grandi macchinari scientifici del nostro Pianeta.
Perfino Anna De Manincor, citando i suoi colleghi, spiega con quale stupore e con quale gioia si erano trovati ad affrontare una comunità che sembrava aver creato una connessione tra la propria vita e la scienza, rendendola una cosa unica. Come si erano sentiti davanti ad un “villaggio utopico” in cui nessuno sembrava lamentarsi del proprio lavoro, ma tutti parevano invece soddisfatti in ogni momento in cui si trovavano in quel luogo.
Per questo, nulla poteva essere più soddisfacente del risultato del documentario che è stato prodotto. L’inverosimile, il surreale e il reale sono riusciti a coalizzarsi tra loro in un’unica registrazione, dando a vita a quello che fin dal principio si era ricercato.
Non manca altro che immergervi nella visione di questo film, considerato uno dei più grandi ed interessanti documentari dal Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, per capire esattamente di cosa stiamo parlando e di ciò che vogliamo trasmettere per farvi comprendere che, la maggior parte delle volte, andare oltre quello che si vede superficialmente si rivela molto più di quello che avremmo pensato.
Come facilmente intuibile dal titolo, il film si concentra sul CERN di Ginevra, cioè sul centro di ricerca nucleare che rappresenta un anello di congiunzione tra la speculazione fisica teorica e la sperimentazione della fisica delle particelle. Il Conseil européen pour la recherche nucléaire (ecco il significato dell’acronimo CERN) è noto soprattutto per ospitare il più importante acceleratore di particelle al mondo: il Large Hadron Colliner (LHC). Un immenso tunnel circolare con un diametro di 27 km e posto a una profondità di 100 m, nel quale 1232 magneti superconduttori raffreddati alla temperatura di -270° accelerano delle particelle per farle scontare tra loro e ‘fotografare’ il momento della collisione, in modo da spingere al limite le nostre possibilità di sperimentazione subatomica e comprendere meglio la misteriosa natura della materia.
Anziché concentrarsi sugli aspetti tecnici della ricerca scientifica operata al Cern, che per la loro stessa natura richiederebbero un lavoro di divulgazione ben più corposo di quello che potrebbe ospitare un singolo lungometraggio, Almost Nothing – Cern: La Scoperta del Futuro si concentra sui luoghi e le persone, proponendo uno stimolante affresco di un pezzo di comunità scientifica (uno dei più importanti al mondo, va detto), e raccontando le storie, le scoperte e gli aneddoti di ‘persone comuni’ che con il proprio lavoro ridefiniscono continuamente la stessa esperienza umana.
Ad essere il cuore pulsante di questo racconto quantomai vivo della Scienza con la S maiuscola è la caffetteria del suddetto laboratorio al confine tra Svizzera e Francia, nella quale i registi trascinano lo spettatore instaurando subito una sorprendente sensazione di familiarità e intimità, e dove propongono testimonianze quasi confidenziali che però passano per momenti fondamentali dell’evoluzione della nostra specie, dall’invenzione del World Wide Web alla dimostrazione dell’esistenza del bosone di Higgs (più comunemente noto col forviante nome di ‘particella di Dio’).
Almost Nothing – Cern: La Scoperta del Futuro non ha certo l’ambizione di spiegare la scienza che racconta, ma rappresenta un meraviglioso esempio di umanizzazione del sapere, che ricorrendo a categorie come l’ironia o l’emozione riesce a trasmettere l’inaudita potenza di una comunità brulicante di idee; un esempio valido per tutti di straordinaria preparazione accademica, assoluta integrazione e vivissima passione per il sapere. Una piccola importantissima iniezione di fiducia nel genere umano.
Il film è un viaggio all’interno di una delle istituzioni scientifiche più importanti al mondo, il CERN di Ginevra. Ma il punto di vista del racconto non è solo prettamente scientifico: la regista Anna de Manincor lascia il Bosone di Higgs e le onde gravitazionali sullo sfondo e punta l’obbiettivo sugli esseri umani che lavorano in questo labirinto di corridoi, cavi e componenti metallici di alta precisione. E ci porta a scoprire una comunità di scienziati votata alla ricerca e alla scoperta del futuro, abitanti di una vera e propria città in cui non c’è spazio per i concetti di nazionalità o religione e in cui è possibile cambiare le sorti dell’intera umanità.
Se vi siete mai chiesti dove siano state concepite alcune fra le innovazioni tecnologiche più importanti per l’uomo, la risposta è servita: in una caffetteria. In particolare, nella caffetteria del CERN, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare. Sul confine tra la Francia e la Svizzera, il CERN non è solo il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle, ma una vera e propria cittadella, dove menti brillanti da tutto il mondo si confrontano ogni giorno per cambiare, letteralmente, le sorti dell’umanità. Dagli aneddoti sulle scoperte più audaci – come una cosetta che si chiama World Wide Web – alla prima fotografia non scientifica apparsa in rete, un ritratto della girl band ufficiale del CERN (Les Horribles Cernettes) che senza volerlo aprì la strada a tutti i social network, ALMOST NOTHING. CERN: LA SCOPERTA DEL FUTURO osserva con passione e ironia una comunità scientifica al lavoro.
Il CERN è come una città con una sua sinfonia, fatta di corridoi deserti e spazi di condivisione, di una dimensione diurna, brulicante, e di una dimensione notturna, più silenziosa (ma sempre sveglia), di un sindaco - l'italiana Fabiola Giannotti, attualmente direttrice generale -, persino di un trio musicale, e di una cattedrale nella cattedrale, l'immenso acceleratore LHC, scrigno dei misteri del cosmo, ai piedi del quale l'essere umano, che pure l'ha costruito, appare sempre troppo piccolo.
Dopo aver ritratto Bruxelles, Copenaghen, Budapest, Marsiglia e "Mutonia", nell'ambito del progetto Temporary Cities, la regista guarda dunque ad un'altra comunità urbana in perenne costruzione e ricostruzione (recentemente, il collasso di un collegamento elettrico su ventimila che ne esistono ha causato danni enormi, imposto il fermo di un anno e una globale ricostruzione). Il CERN, però, non è solo una città sperimentale ma anche, soprattutto, una città ideale, in cui il contributo del singolo non è mai sufficiente né risolutivo, ma è l'apporto dei tanti, senza etichette di religione o nazionalità, a motivare i progressi. Il documentario, attraverso le voci di alcuni protagonisti dell'organizzazione, racconta perciò anche la sfida democratica imposta dal progetto stesso, la forte competizione che si annida al suo interno, le tante storie di occasioni mancate, sognate, sfiorate.