A Portici, alla periferia di Napoli, Carmela è una giovane madre sola che vive in condizioni precarie, sotto perenne minaccia di sfratto, insieme alla madre e alla figlia undicenne Maria. Scaltra e battagliera, Carmela deve però arrangiarsi come può per sbarcare il lunario ed evitare che i servizi sociali le portino via Maria. Tra lavori occasionali, come quello di hostess, e abboccamenti meno che leciti con un avvocato per procurare permessi di soggiorno agli stranieri, Carmela si fa aiutare come può dalla sorella Nunzia e da Tarek, un uomo algerino dal cuore gentile.
Lontano dalla Napoli classica e poetica, e lontano anche da quella nichilista delle storie di camorra, Rosa Pietra Stella racconta una piccola storia di sopravvivenza quotidiana e proletaria, in una Portici in cui la povertà è un gioco a somma zero e svoltare una giornata vuol dire spesso farne pagare il prezzo a chi sta ancora peggio.
«Finalmente si parla di maternità in modo diverso: il non saper essere madre non può essere solo un sentimento da condannare, è una realtà che esiste, va capita e raccontata» spiega Lotito, mamma lei stessa del piccolo Edoardo. «Anzi, in Rosa Pietra Stella si fa di più: si racconta l’essere donna e basta, non in funzione di qualcun altro, in genere un uomo, ma di per se stessa».
E lo si fa in un modo «che non mette al centro la narrazione, ma il suo modo di stare al mondo», il che rende il film più fresco e verosimile, quasi un documentaristico. «Questo è ciò che il cinema dovrebbe fare sempre: restituire la verità, anche quando è una bugia, nel senso che è una storia inventata, ma non dev’essere mai percepita come tale».
Anche la Napoli di Rosa Pietra Stella è lontana dalla Scampia di Gomorra: siamo a Portici, il quartiere dove il regista è nato. «Un posto bello» lo definisce Lotito, «dove però esistono le stesse difficoltà dei bassifondi, perché il degrado non è questione di luoghi, è un problema di assenza di possibilità, di un vuoto da parte dello Stato». A differenza di Carmela lei invece ha sempre saputo chi voleva essere: un’attrice. «Da che ho ricordi ho sempre fatto finta di essere qualcun altro, mi immedesimavo nelle clienti del negozio di abbigliamento dove lavorava mia madre, giocavo a imitare gli atteggiamenti delle persone che mi circondavano, raccontavo storie.
È nato a Portici, in provincia di Napoli, nel 1971. Dopo gli studi e diverse esperienze nel campo dell’architettura e dell’editoria indipendente, decide di dedicarsi al cinema. Oltre al suo impegno come regista, dal 2008 al 2016 collabora in qualità di docente a diversi workshop e atelier di cinema del reale. Critico cinematografico e curatore di eventi, i suoi documentari sono stati presentati e premiati in diversi festival nazionali e internazionali. ROSA PIETRA STELLA è il suo primo lungometraggio. Dichiarazioni del regista |
Il lungometraggio di Marcello Sannino con Ivana Lotito, Ludovica Nasti e Fabrizio Rongione ha vinto il Premio Miglior Film della prima edizione del Matera Film Festival inoltre la protagonista Ivana Lotito è stata premiata quale miglior attrice.
“Per la rilevanza della tematica affrontata - si legge nella motivazione - risolta in una struttura coerente che, in maniera non banale, racconta una storia di sopravvivenza tutta al femminile. La regia misurata, mai invasiva, è accompagnata da un'interpretazione sincera ed emozionante” questa la motivazione del premio assegnato al film che racconta una Napoli tragicamente in gabbia.
Il film è girato magistralmente da Sannino con un’intensità delle immagini, dei piani visivi e dei dialoghi e una fluidità della storia che scorre sotto la pelle. È una Napoli bella e dannata come Carmela. Vittima e carnefice con la sua “scombinatezza”. Madre e figlia senza madre. Senza sponde. Ribelle e insicura. È una Napoli in gabbia quella che racconta Sannino, dove gli spiragli di luce sono possibili proprio grazie a quell’umanità multiculturale che popola la città e in cui la precarietà partenopea si rispecchia e nella quale trova attimi di tenerezza e conforto. E’ infine una Napoli senza speranza. Ed è forse questo l’unico punto interrogativo di questa storia struggente che - non perché un film debba avere necessariamente un lieto fine, anzi - infine non evolve, si blocca. Come forse la stessa Napoli capace di sforzi estremi ed estrema bellezza è incapace di compiere un salto definitivo verso il cambiamento e resta sospesa sul filo.
Rosa pietra stella è un film sulla povertà e sulle resistenze individuali, sui marginali e sugli indifferenti. Il film racconta la storia di due giovani donne. La prima è Carmela (Ivana Lotito), rosa che si sforza di non appassire, trentenne alla ricerca di una strada per assicurare a sua figlia quell’equilibrio di cui la piccola ha un disperato bisogno. La seconda è Maria (Ludovica Nasti) che dalla madre sembra aver ereditato la tenacia, il carattere duro e spigoloso come la pietra, e poco altro. Le due vivono in affitto in una piccola casa insieme ad Anna (Imma Piro), la mamma di Carmela. Il fragile equilibrio familiare viene rotto da un ordine esecutivo di sfratto che porterà, dopo una serie di peripezie, alla separazione forzata di madre e figlia, eseguita da un’assistente sociale imprigionata nei propri rigidi parametri burocratici e socio-culturali.
L’universo del film è tutto femminile, mentre gli uomini sono comprimari, perlopiù mediocri o approfittatori: dal prete all’imam, dall’imprenditore traffichino all’avvocato imbroglione, dall’affittacamere che approfitta di Carmela fino al marito di sua sorella Nunzia. Fa eccezione Tarek (Fabrizio Rongione), uomo semplice e dolce, che finisce per innamorarsi di Carmela. Nonostante viva da vent’anni in Italia, abbia un lavoro stabile, e anzi sia quello che per lo stato è da considerare un piccolo imprenditore, Tarek non riesce a venir fuori dal personaggio dell’immigrato che non può guadagnarsi una vita normale, un amore con una donna italiana, un’esistenza nel mondo di sopra. Di quel mondo, nel film, sono visibili solo le istituzioni, che si fanno via via non solo indifferenti ma addirittura nemiche: il prete, che in un momento critico rifiuta a Carmela una delle tante case sfitte che ha in gestione; la famiglia, preoccupata solo della propria reputazione nel piccolo paesino vesuviano; la scuola, assai più impegnata a tutelare una facciata perbenista che a tutelare i suoi alunni più problematici; i servizi sociali, macchina esecutrice di provvedimenti giudiziari e poco altro. Non c’è da stupirsi che Maria individui la stella pur sbiadita di Carmela come quella capace di darle una direzione, forse perché allo stesso tempo, come lei, anche sua madre è alla ricerca di un contatto, di un aiuto. Infatti, dopo che Maria ha preso a pugni un compagno di classe perché aveva dato della “tossica” a sua madre, i ruoli si capovolgono. Carmela si schiera a difesa di sua figlia, mentre proprio Maria la redarguisce: «E invece no, mamma. Ho sbagliato…».
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Rosa Pietra Stella è una storia di chi vive in stato di necessità, una storia di sopravvivenza, che non può permettersi il lusso di valutazioni etiche e legali. Punto forte del film è quello di ribaltare una posizione morale diffusa tra i benpensanti, quello di stare dalla parte, e fare stare dalla parte, di qualcosa che normalmente inquadreremmo, e condanneremmo, come piccola delinquenza o comunque illegalità. Carmela è l’equivalente in ciò dei taccheggiatori di Un affare di famiglia di Kore-eda. In Rosa Pietra Stella escono male tanto le istituzioni pubbliche, quali la scuola, i servizi sociali che arriveranno a togliere la figlia a Carmela proprio in virtù di queste sue trasgressioni alla legge, quanto le autorità religiose, rappresentate dal prete insensibile e anche dall’imam, considerate come autorità morali nelle rispettive comunità tant’è che Tarek pensa sempre di rivolgersi alla sua guida spirituale musulmana quando è in difficoltà. Non si può vivere felici nell’illegalità: è il preconcetto dell’assistente sociale per la quale occupare una casa diventa la goccia che fa traboccare il vaso e togliere la potestà a Carmela.
Tratto da una storia vera, un affresco senza patetismi della condizione di donna e di madre in una Napoli multietnica e polverosa.
È strano, di solito quando si pensa a Pasolini si pensa a Roma, a Bologna, al Friuli natale, di certo non a Napoli, ché tra i tanti grandi autori che hanno cantato questa città Pasolini è probabilmente il meno napoletano. Ma forse sarà il mare, il porto, quelle genti da tutto il mondo a riempirne vicoli e vicoletti o l’eco di quella Profezia più attuale che mai a farcelo tornare alla mente alla visione di Rosa Pietra Stella.
Interpretata da Ivana Lotito, volto delle ultime stagioni di Gomorra, Carmela è una donna fiera, una giovane madre dall’esistenza turbolenta a precaria che vive a Portici assieme a sua madre e sua figlia, una piccola e popolosa cittadina borghese sul mare alle porte di Napoli, dove è costretta a saltare da un lavoro all’altro – da modella di nudo ad hostess e così via – per cercare di tirare avanti e mantenere lei e la sua famiglia. Lì lei è l’outsider, la deviante costantemente osteggiata, e sogna di liberarsi di quella lettera scarlatta che ha continuamente addosso. Ecco l’occasione, il caso le offre così l’opportunità di uscire da quella chiusura stagnante che certi luoghi e certe condizioni si portano con sé: tramite un avvocato le capita l’occasione di arricchirsi con gli immigrati che vivono al centro di Napoli, reperendo documenti e permessi per cui al giorno d’oggi si è disposti a tutto.