Victor e Marianne sono sposati e 'inversi'. Lui vorrebbe ritornare al passato, lei andare avanti. Disegnatore disoccupato che rifiuta il presente e il digitale, Victor è costretto a lasciare il tetto coniugale. A cacciarlo è Marianne, psicanalista dispotica che ha bisogno di stimoli e ne trova di erotici in François, il migliore amico di Victor. Vecchio e disilluso, Victor accetta l'invito della Time Traveller, una curiosa agenzia che mette in scena il passato. A dirigerla con scrupolo maniacale è Antoine, che regala ai suoi clienti la possibilità di vivere nell'epoca prediletta grazie a sontuose scenografie e a un gruppo di attori rodati. Tutto è possibile, bere un bicchiere con Hemingway o sparare sull'aristocrazia del XVIII secolo. Victor sceglie di rivivere il suo incontro con Marianne, una sera di maggio del 1974 in un café di Lione ("La belle époque"). Sedotto dal fascino dell'attrice che interpreta la sua consorte a vent'anni, Victor col passato trova il futuro.
Con La Belle Époque arriva sullo schermo un bastimento carico di idee e di attori celebri, una commedia nostalgica che risale il tempo e solleva lo spirito.
Nicolas Bedos, ossessionato dal passaggio del tempo (Un amore sopra le righe), torna sui soggetti di predilezione: l'usura dei sentimenti e il rimpianto delle occasioni perdute. A sopportare gli oltraggi degli anni questa volta sono Fanny Ardant e Daniel Auteuil che interpretano con smalto una coppia sull'orlo di una crisi di nervi. Un uomo e una donna che da troppo tempo non condividono più niente e conducono vite parallele. Intorno a loro gravitano Guillaume Canet, regista tirannico e nevrotico, comme d'habitude, e Doria Tillier, compagna a intermittenza del personaggio di Canet che innamora il vecchio disegnatore di Auteuil.
Convocate tutte le celebrità del cinema francese maggiore (Pierre Arditi e Denis Podalydès) e tutte le convenzioni della commedia degli equivoci, La Belle Époque è una messa in scena gioiosa del cinema che consente a Daniel Auteuil di ritrovare l'umorismo toccante dei vecchi ruoli e a Fanny Ardant la luccicanza sentimentale dei film di Truffaut, quella che la faceva svenire in un parcheggio dopo un bacio e le lasciava le cicatrici sui polsi perché in definitiva l'amore fa male. Convinti di non poter più stare insieme, le loro mani allacciate nel gran finale non intendono ragione. Perché Victor e Marianne sono fatti per accendersi e le loro mani per afferrarsi. Fatti per bruciare sempre e probabilmente ferirsi ancora.
Il film è nato da un'immagine, o meglio da una situazione che mi è sembrata sia patetica che comica: ho immaginato un uomo avanti con gli anni litigare con sua moglie, a casa. Lei lo sta criticando per la sua misantropia, la sua incapacità di stare al passo con i tempi, con la tecnologia, con i suoi figli e così via. Quindi, l’uomo esce dalla cucina ed entra in una piccola stanza dove tutto - dalla decorazione interna agli LP fino ai vecchi nastri VHS - lo riporta agli anni '70. Una specie di bolla protettiva che lui stesso ha creato. L'ho visto accendersi una sigaretta, guardare una trasmissione in una vecchia TV di legno e tirare un sospiro di sollievo. Eccolo: un uomo che sta annegando nel presente e si rifugia in un periodo che lo rassicura e lo protegge. Volevo filmare la vertigine che a volte sento intorno a me. Soprattutto perché quest'uomo è nato dal riflesso di alcune persone che mi sono molto vicine e, per alcuni aspetti, da me stesso. Scrivere questa storia è stata una vera avventura… anche psicoanalitica!
La Belle Epoque è uno di quei film da lettino di psicoanalista. Quelli che ti aiutano a risolvere problemi. Che ti dicono che l’amore è questione di predestinazione. Nonostante noi che ci siamo coinvolti. E il tempo che passa e che ci cambia e che ci fa venire voglia di avere altro. Altri.
Al centro di La Belle Epoque c’è l’idea quasi fantascientifica di una società che, grazie alla tecnologia e ai talenti recitativi del suo team, ricrea momenti della vita. A pagamento. Ti fa rivivere momenti del passato. Soddisfa le sue fantasie/sogni di aver voluto vivere all’epoca di Napoleone. Per dire…
La Belle Epoque è il nome del bistrot in cui Victor (Daniel Auteuil) conobbe Marianne (Fanny Ardant). Era il 16 maggio 1974. Oggi sono una coppia in crisi. E anziana.
Lui vorrebbe tornare alla felicità della gioventù e del primo incontro. E così paga per tornare laggiù. Ma la finzione è troppo bella e ritrovarsi come si era (e come era lei) crea un cortocircuito.
Il cuore e la testa di Victor non distinguono più ieri e oggi. Il vero e la finzione. Margot (Doria Tillier), l’attrice che interpreta Marianne giovane, diventa Marianne. Lui diventa il Victor di allora. Antoine (Guillaume Canet), il regista compagno di Margot, entra in crisi pure lui.
È come se i sogni mandassero la realtà in confusione. La mettessero ko. Ma sono così belli. Come tornare al 1974, quando nei bistrot fumavi. Le ragazze avevano il foulard a bandana in testa. Eri così giovane da poter scappare sotto la pioggia. E i vestiti erano di un vintage strepitoso.
E' uno dei film migliori dell'anno, una commedia sorprendente e 'terapeutico', che ha emozionato al festival di Cannes 2019
Fanny Ardant interpreta Marianne, una donna di successo, vitale, piena di occasioni mondane. Ha un amante, forse non il solo e comunque nonostante l'eta' non giovane ha intenzione di vivere pienamente la sua vita. Il marito Victor, Daniel Auteuil, sembra il suo opposto, uno di quegli uomini che non si sono adattati ai tempi che cambiano, non ha voglia di curarsi, si veste trasandato, si e' insomma lasciato andare, soprattutto ora che le sue stupende vignette di satira politica non trovano piu' posto sui giornali.
Victor va da Antoine (Guillaume Canet) regista-imprenditore di 'viaggi nel tempo', un'organizzazione che porta il pubblico a vivere nel passato con set cinematografici, attori, messe in scena curatissime dal mobilio agli arredi ai dialoghi, per una sera o per giorni interi. E poi c'e' il figlio che vorrebbe trovare il modo di lavorare con il padre ora che si e' messo a produrre web serie animate. Al culmine di una lite, la Ardant caccia di casa Auteuil. Il fumettista con i soldi ricavati dalla vendita di un appartamento si installa ai Viaggi nel tempo: porta le vignette degli anni '70, della 'belle epoque' della sua giovinezza, quella in cui ha conosciuto Fanny, provocante, sfacciata, spiritosa ragazza.Tutto viene allestito com'era: il suo bar, le sue feste hippy, il suo primo incontro con la giovane che poi sposera'.
Attori in panni vintage recitano nella scena, guidati all'auricolare da Canet e una giovane ragazza, interpretata da Doria Tillier (di cui Canet e' innamorato) sembra la piu' adatta per il ruolo. Sara' la settimana piu' bella della sua vita. Il viaggio nei ricordi funziona, Auteuil si veste come un tempo, i baffoni al posto della barba incolta, i pantaloni a zampa, tutto torna com'era, finzione e memoria. L'incontro con la ragazzina lo rivitalizza, pensa al passato, ma anche al presente, quasi si innamora della giovane attrice che ricambia l'attenzione di questo malinconico signore.
Intanto la Ardant e' libera, puo' vivere con il suo amante (Francois Delis Podalyses) ,il migliore amico di Auteuil, ovviamente) salvo scoprire che la noia della routine e' simile, incluso il russare del partner che la tiene sveglia. Quando la Ardant rivede Auteuil ringiovanito ha un colpo al cuore, lo segue ed entra nel set dei Viaggi nel tempo. "E' un film melanconico, buffo, romantico e divertente al tempo stesso. C'e' l'ode al passato che siamo stati certo ma anche l'ambizione di vivere il presente pienamente" dice Nicolas Bedos, "una commedia pervasa di nostalgia gioiosa sull'amore giovane e al tempo stesso sull'amore in tutte le eta' della vita". Il regista si e' dichiarato "completamente pazzo di Fanny Ardant, attrice e donna eccezionale, l'idea di fare un film con lei e vederla tutti i giorni ha resto questo film magico".
Victor è un uomo all’antica che odia il presente digitale. Quando un eccentrico imprenditore, grazie all’uso di scenografie cinematografiche, comparse e un po’ di trucchi di scena, gli propone di rivivere il giorno più bello della sua vita, Victor non ha dubbi. Sceglie di tornare al 16 maggio del 1974: il giorno in cui in un café di Lione ha incontrato la donna della sua vita, la bellissima Marianne. Una sceneggiatura da Oscar® che vede protagonista un cast di stelle del cinema francese - da Daniel Auteuil a Fanny Ardant, da Pierre Arditi a Guillaume Canet fino ad arrivare alla rivelazione di Cannes 2019 Doria Tillier – riuniti insieme per mettere in scena una commedia elegante e nostalgica, capace di far ridere ed emozionare il pubblico di ogni età. Un film che si muove in un perfetto equilibrio fatto di dialoghi serrati, esilaranti ed emozionanti, scenografie meravigliose e una colonna sonora di grandi e indimenticabili successi. E voi, se poteste rivivere il giorno più bello della vostra vita, quale scegliereste?
Tornare, riavvolgere. Cinema che sfida il tempo, che vuole superare il presente e lanciarsi nel passato. La realtà che si mescola con la finzione, il teatro che si fonde con il grande schermo. Come? Miracoli della tecnologia. Un’azienda soddisfa le richieste di clienti facoltosi, li riporta a qualsiasi momento storico che desiderano. Hitler, Hemingway, possono incontrare chiunque vogliano. Al bancone di un bar, in un ricco palazzo, basta qualche migliaio di euro per vivere la propria Midnight in Paris (anche se qui siamo a Lione).
Ovviamente è tutto finto, ricostruito in studio, con figuranti pronti a interpretare un importante politico o la bionda dei tuoi sogni. La belle époque è il titolo della nostra “avventura”. Non si riferisce all’epoca a cavallo tra Ottocento e Novecento, ma al periodo migliore di ogni esistenza (nel film è anche il nome di un locale). Per Victor sono gli anni Settanta, quando per la prima volta ha iniziato a corteggiare la bella Marianne. Oggi il matrimonio è in rovina, i due sono lontani. L’unica soluzione è riabbracciare il 1974, quella notte in un cafè dove è scattata la scintilla.
Partenza da commedia francese alla Assayas: dialoghi pungenti, cene complicate, dove i commensali vorrebbero accoltellarsi invece di mangiare insieme. Poi il ritmo cambia, il montaggio si fa più veloce, le scenografie sontuose. Gli anni Settanta prendono vita, in un palcoscenico alla Joe Wright dove tutto è in continuo movimento. Attori, luci, macchine, pareti. Nonostante lo spirito malinconico, La belle époque incarna l’animo frenetico del contemporaneo.
Crea una ronde amorosa, in un continuo “scambio” di coppie. Che giocano, imparano a rispettarsi, a riscoprire la bellezza di ogni rapporto. Al centro c’è la nostalgia, elemento vibrante di un cinema che vuole essere ben più di Un amore sopra le righe. Il regista Nicolas Bedos fa un passo avanti, continua a interrogarsi sul senso dei minuti, delle ore. Diventa demiurgo, sceglie di condividere i propri tormenti con i suoi protagonisti. Realizza un’ode all’amore eterno, all’importanza dei legami, riflettendo sulla malinconia, sulla senilità.
Analizza l’inizio e la fine della nascita della passione: la rottura tra Victor e Marianne, ma anche il sentimento inquieto che lega l’intransigente regista e la sua affascinante musa. Litigano, si lasciano, si allontanano per poi riavvicinarsi, con lui che le parla negli auricolari mentre lei è in scena.
Amanti sull’orlo di una crisi di nervi, sospeso tra il grigiore di ogni giorno, una festa in salsa hippie e una cena in un’altra dimensione. E non a caso a un certo punto il protagonista si mette a sfogliare il capolavoro di Jack London Martin Eden. Perché in fondo La belle époque è una costante ricerca della libertà, dalle imposizioni della natura, dalle regole che spesso imprigionano. Con un ritmo giocoso, imprevedibile, che rallenta per poi ripartire a tutta velocità. Uno dei film più convincenti della Festa del Cinema di Roma. Presentato anche a Cannes, fuori concorso.
71 anni, 24 Gennaio 1950 (Acquario), Algeri (Algeria)
All'interno del nostro cinema, pochi sono gli attori d'oltralpe che si possono fregiare del fatto di essere stati diretti anche da registi italiani che ne hanno riconosciuto, oltre alla fama, anche la chiara grandezza espressiva e il talento internazionale. Uno di questi interpreti, che maggiormente si sono mostrati sui set di casa nostra, è il serioso Daniel Auteuil, assaporatore di quel sorprendente cinema francese d'autore che ogni tanto sbocconcella una ventina di titoli anche nel mercato italiano.
Gli inizi
Figlio di due cantanti di operetta, Daniel Auteuil ha trascorso la sua infanzia dietro le quinte dei teatri, con l'idea di seguire in futuro il mestiere dei genitori, tanto è vero che nel 1967 si trasferirà ad Avignone per studiare canto e recitazione, ma coinvolto nelle prime manifestazioni del '68 ed entrando nel movimento studentesco, per via del suo spiccato attivismo, sceglierà di mettere da parte lo studio per la politica. Così, respinto sia dalla scuola di recitazione che dal conservatorio, decide di passare direttamente alla pratica, debuttando nella serie tv francese Le fargeot nel 1974, per la regia di Patrick Saglio, cui seguirà un musical al Teatro Nazionale di Parigi, l'anno seguente, e la sua prima apparizione sul grande schermo nel drammatico Appuntamento con l'assassino di Gérard Pirès, accanto a Catherine Deneuve, Jean-Louis Trintignant e la nostra Milena Vukotic.
L'affermazione
Da quel momento in poi, sarà attivissimo nella televisione e nel cinema, dove, soprattutto in quest'ultimo, interpreterà pellicole eccellenti come: Il colpetto (1982) di Edouard Molinaro e Gioco in villa (1982) di Denys Granier-Deferre, accanto a Michel Piccoli, pur non riuscendo a emergere totalmente dall'anonimato come interprete. Infatti, solo nel 1986, si impone come uno dei personaggi di punta del cinema francese contemporaneo grazie a Jean de Florette e al suo seguito Manon delle sorgenti, entrambi diretti da Claude Berri, dove è protagonista affiancato a Yves Montand e Gérard Depardieu. Vincitore del César come miglior attore, Daniel Auteuil è l'ex marito dell'attrice Anne Jousset dalla quale avrà una figlia (l'attrice Aurore Auteuil), ma sul set de L'amour en douce (1985) di Molinaro conoscerà colei che poi diverrà la sua seconda moglie, l'attrice Emmanuelle Béart, lasciata dopo due anni di matrimonio e una figlia (Nelly) per Aude Ambroggi, sua attuale coniuge (dopo una convivenza con l'attrice Marianne Denicourt con la quale ha portato sul palcoscenico "The Blue Room" di Schnitzler).
Claude Sautet ne farà un interprete lungimirante grazie a Qualche giorno con me (1988), dove recita con Sandrine Bonnaire e Danielle Darrieux, ma soprattutto grazie all'intenso Un cuore in inverno (1992), per il quale ruolo vince il David di Donatello come miglior attore straniero. Coline Serreau, Patrice Chéreau e ancora Berri ne consolideranno la bravura e anche il cinema italiano lo sfrutterà in Sostiene Pereira (1995) di Roberto Faenza, Vajont - La diga del disonore (2001) di Renzo Martinelli e il thriller Sotto falso nome (2005) di Roberto Andò.
I premi e il cinema italiano
Palma d'oro al Festival di Cannes come miglior interprete a ex-aequo con l'attore down Pascal Duquenne per L'ottavo giorno (1996) di Jacob von Dormael, vince il suo secondo César come miglior attore per La ragazza sul ponte (1999) di Patrice Leconte (regista che lo promuoverà a suo attore feticcio in L'amore che non muore del 2000 e in Il mio migliore amico del 2006). Continua a lavorare con maestri del cinema come Patrice Leconte e Francis Veber in commedie e film drammatici, e lavora anche con registi italiani come Paolo Virzì (N (Io e Napoleone)) e Michele Placido (Il cecchino) e Roberto Andò (Le confessioni). Nel 2016 veste i panni di un padre disperato alla ricerca di giustizia in In nome di mia figlia di Vincent Garenq.
Nonostante le apparenze, Auteuil si destreggia bene fra il drammatico e il comico. Vero e proprio insigne rappresentante della nazione francese, piace all'Italia perché naturale (e forse perché ha l'aria di un suo compagno di set, il fu Marcello Mastroianni) e completo. Perfetto nei panni del borghese che di solito è coinvolto in una rete di intrighi (politici, sociali, sessuali), dell'astuto manipolatore di vite e del manipolato, oggi mostra tutto il suo lato professionale, che pellicola dopo pellicola, fa acquistare alla sua immagine quel sentore di notorietà che ha reso Jean Gabin ciò che è Jean Gabin.
34 anni, 27 Marzo 1986 (Ariete)
Classe 1986, Doria Tillier nasce . 35enne, il prossimo 27 Marzo, nasce sotto il segno dell' Ariete.
La sua principale attività nel mondo del cinema è quella di interprete e tra i lavori più interessanti possiamo citare la partecipazione nel film Tutti Pazzi per Yves (2019) di Benoît Forgeard.
Nel 2019 ha inoltre lavorato con Nicolas Bedos per la realizzazione del film La belle époque dove ha interpretato la parte di Margot. - da I Wonder Pictures uscito in Italia giovedì 7 novembre 2019 -
Oltre al ruolo di interprete Doria Tillier ha lavorato come sceneggiatore nel film drammatico di Nicolas Bedos Un amore sopra le righe (2017).
Cesar 2020
Nomination miglior attrice per il film La belle époque di Nicolas Bedos
71 anni, 22 Marzo 1949 (Ariete), Saumur (Francia)
Figlia di un ufficiale di cavalleria, Governatore del Palazzo Grimalfi nel Principato di Monaco, Fanny Ardant trascorre la giovinezza viaggiando in giro per l'Europa. Studia Scienze Politiche nella sezione Relazioni Internazionali, cercando di orientare la sua carriera verso l'attività diplomatica. Solo negli anni '70 Fanny decide di muovere i primi passi verso la carriera di attrice iscrivendosi al corso di Arte Drammatica di Périmony a Parigi. Esordisce quindi con alcune produzioni teatrali e serie televisive (Les dames de la côté di Nina Companeez) per approdare finalmente al cinema nel 1979 con un film di Alais Jessua, L'uomo dei cani.
Intorno agli anni '80 si può datare il vero consolidamento della carriera di attrice, in seguito all'incontro con Francois Truffaut, il quale si innamora di lei e la sceglie come interprete di alcuni dei suoi piu bei film, La signora della porta accanto del 1981 e Finalmente domenica! del 1983. Nel 1981 Fanny Ardant sposa Francois Truffaut, precedendo solo di tre anni la morte del celeberrimo artista francese. Da questo amore nasce una figlia, Josephine Truffaut.
Subito dopo la morte del marito, Fanny interpreta ruoli sempre più ricercati, come L'amour à mort di Alain Resnais o Desiderio di Anna Maria Tatò, entrambi del 1984.
Anche un altro grande regista italiano la nota e la sceglie come interprete per i suoi film: è con Ettore Scola che sarà nel cast de La Famiglia, accanto a Vittorio Gassman e Stefania Sandrelli, e ne La Cena. Nel 1994 Fanny riceve finalmente la sua prima nomination al premio César grazie al film Il colonello Chabert, interpretato accanto a Gérard Depardieu, altro grande amore dell'affascinante attrice francese, conosciuto agli esordi della propria carriera durante le riprese del film di Truffaut La signora della porta accanto.
Con questo film l'attrice riconquista fama e celebrità nei confronti del grande pubblico, arrivando perfino ad Hollywood, dove è chiamata ad interpretare il remake di Sabrina nel 1995, al fianco di Harrison Ford. Allo stesso anno si può datare un'altra collaborazione con un grande regista, Michelangelo Antonioni, per il quale interpreta un ruolo nel film del 1995 Al di là delle nuvole e che nel 1996 le fa conquistare il suo primo César con Di giorno e di notte .
Nel 2001 Franco Zeffirelli le affida il ruolo di Maria Callas nel celebre film Callas Forever, dopo averla ammirata nelle stesse vesti in un musical teatrale del 1997.
Nel 2002, alla maturità della sua carriera, già madre di tre bambine, Lumir, Josephine e la piccola Baladine, Fanny Ardant interpreta un ruolo nel film tutto al femminile 8 donne e un mistero, con Catherine Deneuve, Isabelle Huppert e Emmanuelle Béart. Nel 2007, invece, interpreta il ruolo di Caterina nella pellicola del giovane Vincenzo Marra L'ora di punta.
47 anni, 10 Aprile 1973 (Ariete), Boulogne-Billancourt (Francia)
Attore, regista, produttore e sceneggiatore, Guillaume Canet si è distinto in ruoli leggeri come in quelli drammatici, portando in ognuno di essi lo stesso entusiasmo. È scelto spesso, e certo non a caso, per incarnare personaggi inquieti e tormentati, come l'Etienne Boisset di Vidocq, o come Vincent e Pierre, rispettivamente di Espion(s) e de L'affaire Farewell, entrambi spie per caso, o ancora come Alex Mann, lo scrittore in crisi di Last Night, confermando anche in generi diversi la sua abilità interpretativa.
Gli esordi
Guillaume non nasce attore. La principale passione della sua adolescenza è l'equitazione. Si specializza infatti nel salto degli ostacoli, dando inizio ad una promettente carriera sportiva. Ma appena diciottenne, una brutta caduta da cavallo lo costringe ad abbandonare questa prima esperienza e ad abbracciare un sogno non meno ambizioso: la recitazione. S'iscrive al Course Florent, dove studia arte drammatica e s'avvicina al teatro. Comincia ad apparire in alcuni spot e serie televisive, prima di approdare al cinema, nel 1995, nel cortometraggio Les Fils unique, diretto da Philippe Landoulsi.
Partecipazioni successive
Il 1998 è l'anno de La cliente di Pierre Jolivet, con cui si aggiudica una menzione al César. Due anni dopo si ritrova nel cast di The beach di Danny Boyle. È la storia di Richard (Di Caprio), un giovane turista avventuriero in cerca di un'isola popolata da una comunità sopra le righe. Raggiungerà la meta insieme ad una coppia di francesi, Francois ed Etienne, quest'ultimo interpretato da Canet. Nello stesso anno recita anche in La fidélité di Andrzej Zulawski, ispirato a "La principessa di Clèves" di Madame de la Fayette, in cui interpreta il ruolo di Némo, un giovane ed enigmatico fotoreporter che farà innamorare di sé Clélia, già moglie dell'editore Clève. L'anno successivo si fa dirigere da Rémi Waterhouse in Riunione di condominio, ma è soprattutto da ricordare la sua partecipazione in Vidocq - La maschera senza volto, per la regia di Pitof, dedicato alla figura avvolta nel mito dell'omonimo criminale-poliziotto, qui interpretato da Gerard Depardieu, che deve vedersela con l'astuto e spietato Alchimista, il quale si nutre del sangue di vergini per conquistare l'immortalità. Canet impersona il giornalista Etienne Boisset che, perscrutando i meandri della raccapricciante Parigi di inizio Ottocento, tenterà di far luce sulla verità.
Dietro la macchina da presa
Nel 2002 l'ambizioso Canet decide di provarsi nel mestiere di regista cinematografico, dopo aver già maturato alcune esperienze nel settore della pubblicità. Dirige così la commedia satirica Mon idole, che prende di mira il controverso mondo della televisione, senza abbandonare la passione per la recitazione. Interpreta infatti il ruolo del protagonista, Bastien, un giovane segretario di produzione che tenta di fare il salto di qualità accettando di lavorare al progetto di un nuovo programma televisivo. Ma dietro l'apparente traguardo meritocratico si nasconde una trappola mediatica. Il prodotto è ambizioso, soprattutto dal punto di vista intenzionale, ma risente molto dei trascorsi di Canet nel mondo pubblicitario, che tendono a comprometterne la resa. Nel frattempo la sua vita conosce una decisiva svolta sentimentale: sposa l'attrice tedesca Diane Kruger, presente proprio nel cast della sua prima fatica registica.
Tra dramma e melodramma
L'anno successivo lo troviamo sul set di Amami se hai coraggio dell'esordiente Yann Samuell, pellicola onirica in cui recita accanto all'affascinante e strepitosa Marion Cotillard che, dopo la rottura con la Kruger, diventerà la nuova compagna di Canet. Il 2005 è l'anno di Joyeux Noel - Una verità dimenticata dalla storia, scritto e diretto da Christian Carion, incentrato sullo sfondo di un momento storico del primo conflitto mondiale, la Tregua di Natale del 1914. Qui Guillaume recita di nuovo con la moglie Diane Kruger. Del 2006 è invece L'enfer di Danis Tanovic, il regista di No man's land. Ma dello stesso anno è anche un'altra regia di Canet, Ne le dis à personne, un'ambiziosa miscela di thriller e storia d'amore, che si guadagna ben 4 premi César 2007, oltre ad un'entusiastica accoglienza da parte del pubblico. Nel 2009 lo troviamo nel cast di Espion(s) di Nicolas Saada, in cui veste i panni di Vincent, un ladro costretto a collaborare per i servizi segreti pur di evitare il carcere. Poi si fa nuovamente dirigere da Carion ne L'affaire Farewell: ancora un thriller, di taglio realistico e scrupolosamente storico, in cui Canet interpreta un ruolo per certi versi analogo al Vincent di Espion(s): infatti Pierre Froment (questo è il nome del suo personaggio) è un ingegnere coinvolto suo malgrado negli intrighi dello spionaggio. Nel 2010 è sul set di Last Night diretto da Massy Tadjedin, una storia di disillusioni e di reciproche inquietudini, in cui interpreta Alex Mann, uno scrittore che vive con la donna sbagliata e che, rincontrando un amore del passato, Joanna Reed (un'incantevole Keira Knightley) potrebbe, nell'arco dell' "ultima notte" enunciata nel titolo, ridiscutere e ridisegnare la sua vita.
Torna dietro alla macchina da presa con il giallo Non dirlo a nessuno (2006) e nel 2012 con Piccole bugie tra amici, dove dirige la compagna Marion Cotillard, insieme a François Cluzet, Benoît Magimel e Gilles Lellouche.
Nel 2017 dirige una commedia autoironica, Rock'n Roll, e in seguito partecipa al film di Christian Carion Mio figlio.
40 anni, 21 Aprile 1980 (Toro), Neully-sur-Seine (Francia)
Non sta molto simpatico alla stampa francese. E questo è un dato di fatto che viene colto ogni volta che, in qualche articolo, accanto al suo nome compare la definizione "il tipico figlio di...", riferendosi al fatto di avere come padre l'attore Guy Bedos.
Ma il suo status di "privilegiato dalla nascita" viene messo ancora più in luce dall'opinione pubblica che, sui social e con la frenetica rabbia che la contraddistingue così spesso, batte sulla tastiera la descrizione "bobo di sinistra" sotto le sue foto. Per chi non masticasse lo slang francese, "bobo" è il diminutivo di "bourgeois-bohème", vale a dire una persona con un reddito consistente, magari laureata, che ha sfruttato le proprie opportunità culturali per avere entrate ancora più significative e aumentare così il suo patrimonio. Inoltre, come è naturale, il "bobo di sinistra" vota a sinistra, malgrado sia quanto di più lontano dalla figura dell'uomo del popolo, del proletario.