Argentina, 2001. Fermín Perlassi, ex attaccante di Alsina, sogna di comprare un silo dismesso e formare una cooperativa con la moglie e alcuni vecchi amici. Raccolto il denaro sufficiente e convinto da un burocrate senza scrupoli a depositarlo in banca, si ritrova improvvisamente impossibilitato a disporne dal Corralito, restrizione governativa alla libera disposizione della liquidità. Disperato e privato insieme ai compagni dei risparmi di una vita, si arrende al destino almeno fino al giorno in cui uno di loro non scopre per caso che il loro bancario gli ha scientemente derubati con la complicità di Manzi. Sciacallo ossessionato dal controllo, il suo socio ha fatto scavare nel mezzo del nulla una fossa per la sua cassaforte. Dentro ci sono tutti i sogni rubati alla piccola comunità rurale, fuori una porzione di quella comunità decisa a riprenderseli.
Il film è basato sul romanzo di Eduardo Sacheri "La notte degli eroici perdenti" (Premio Novel Alfaguara 2016) ed è una commedia proletaria su una vendetta collettiva maturata nell'Argentina della crisi economica e sociale che la investì al debutto degli anni duemila. Ha vinto un premio ai Goya.
L’uomo comune non è mai stato così poco comune come in questo piccolo gioiello diretto dall’argentino Sebastián Borensztein (La suerte esta echada, Cosa piove dal cielo).
Non esiste niente di più classico della storia del perdente che finalmente tira fuori il coraggio e si riprende la rivincita e il riscatto che merita, eppure questo è forse il nucleo narrativo che più appassiona gli spettatori, perché il livello di immedesimazione è altissimo. Quando poi questa vendetta è corale e contro gli spietati uomini del dio denaro, allora l’empatia è garantita.
Criminali come noi è una pellicola originale, degna di nota, ironica, divertente e dal ritmo serrato, ma soprattutto fresca, puro intrattenimento dove i minuti scorrono fluidi.
I personaggi sono uomini comuni ma hanno un piano ben preciso, quello di riprendersi il loro sogno nel cassetto. Sono disposti a rinunciare a tutto, a rimanere senza un pesos bucato, ma a questo no.
Protagonista è anche un’Argentina sul baratro della crisi economica e sociale, che non si limita ad essere uno sfondo ma un luogo che non può offrire quasi più niente, perlomeno a chi sceglie di non riprendersi da sé ciò che gli spetta.
C’è anche un omaggio al Cinema, come forma d’arte capace di creare modelli e tirarci fuori dai guai, perché proprio da un film arriva il suggerimento su come architettare il piano diabolico: Come rubare un milione di dollari e vivere felici con Peter O’Toole e Audrey Hepburn. Perché è davvero così: sono le storie a farci da guida nei momenti più bui.
Presentato all’ultimo Festival di Toronto e vincitore del Goya come Miglior Film Iberoamericano, Criminali come noi (nell’originale un ben più calzante La Odisea de los giles) è una commedia che s’inserisce nel solco degli heist movie (come ad esempio Ocean’s Eleven e tutti i suoi sequel). Da questo genere, il film di Sebastián Borensztein eredita tutti gli aspetti che riguardano la pianificazione del colpo, arricchendolo però di qualche elemento inusuale (con un inaspettato omaggio a Come rubare un milione di dollari e vivere felici) nella progettazione del colpo e di una comicità che, anche per quanto riguarda i costrutti linguistici e i “tipi” popolari che reggono la storia, è molto vicina a quella del cinema italiano.
La seconda parte, quella dedicata al furto vero e proprio, è spassosa e satireggiante, tanto da poter avere un ottimo riscontro di pubblico anche al di fuori dell’Argentina (terra fertile a livello cinematografica, come testimoniano film anche molto lontani tra di loro, come il già citato Il segreto dei suoi occhi, Il clan di Pablo Trapero e il più recente Il cittadino illustre).
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Basato sul romanzo La noche de la Usina di Eduardo Sacheri, Criminali come noi è stato da più parti accostato a Ocean’s Eleven. In realtà, con il film assai glamour di Steven Soderbergh condivide poco. Diciamo, la superficie del genere e soprattutto la presenza di un cast all-stars, essendo gli attori in partita tra i più acclamati e popolari del cinema nazionale (Ricardo Darín, Luis Brandoni, Chino Darín, Verónica Llinás).
Produzione locale più vista in patria nel 2019, proprio in virtù del suo valore produttivo, Criminali come noi è stato presentato come candidato argentino all’Oscar per il miglior film internazionale.
Se nel mondo si ricerca l’adesione a un modello di commedia d’azione in cui i poveri devono fare i conti con la propria onestà per ottenere giustizia, agli spettatori argentini si chiede di rinegoziare il trauma attraverso un ottimismo certo ingenuo ma necessario. In questo senso noi italiani potremmo rintracciare qualcosa di associabile alla commedia del nostro dopoguerra, per la capacità di infondere fiducia nello spettatore pur trattando un tema drammatico.
Alla base del background di questi “uomini tonti”, grotteschi, stereotipati e perfino eccessivi, c’è naturalmente la “realtà” della crisi economica argentina d’inizio millennio, che ha completamente distrutto le vite di innumerevoli uomini “semplici”, umili, quanto onesti nel profondo. Dietro il riscatto sociale, apparentemente scontato, insito nella loro vendetta ai danni del crudele speculatore che li ha rovinati, c’è una reazione umana e sanguigna, molto meno banale. Ciascuno di loro, chi più chi (molto) meno, arriva infatti a fare i conti con la decisione di abbracciare l’illegalità, di piegarsi ai propri istinti (pur se continuamente giustificati dall’indolente “malvagità” dell’avvocato Manzi, loro bersaglio). Un disagio che arriva a scatenare conflitti familiari e generazionali, come quello tra Perlassi e Carmen e i loro rispettivi figli, o ancora tra lo stesso giovane Rodrigo e l’affascinante segretaria di Manzi. Tutti scontri dagli esiti diversi, giusti o sbagliati possano questi considerarsi, ma egualmente dominati da una comprensibilità chiara e assoluta.